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Monday, September 22, 2008

Malawi dentro


Il percorso dal piccolo areoporto di Blantyre alla lodge dove ho trascorso le prime due notti in Malawi mi aveva sparato negli occhi l'Africa in un solo colpo.
L'africa stereotipata.
E quella che volevo toccare.
La mia ....Africa.
Ma non ero riuscito a vederla.
Dal finestrino dell'auto che correva veloce tra biciclette e bambini non potevo che toccarne soltanto l'aria. Calda.
Ci sono voluti giorni per lasciare che la sorpresa si trasformasse in visioni e un'infinita sequenza di immagini quotidiane che non hanno niente in comune con tutto quello che ho visto e vissuto finora.
I carichi sulla testa delle donne.
I bimbi appiccicati alle loro schiene. Senza dolori ne' pianti.
Silenziosi aspetttano di crescere.
E cominciare a pescare. A portare secchi sulle piccole teste rasate.
O a vendere qualsiasi cosa attaccati a i finestrini di furgoncini e autobus.
Uova, cipolle, mango.
Coca-cola, Fanta.
Pesce. Crudo e cotto. Potrei forse mangiare un pesce schiacciato nel caldo affollato di un autobus gia' pieno di borse e malawiani?
Dove le metto poi le mani che puzzano? C'e' spazio per l'odore di un pesce che non ha mai nemmeno toccato un cubetto di ghiaccio?
Ammassati, schiacciati.
Ma senza urla ne' spinte.
Non mi disturba nemmeno troppo.
Sono in Africa.
Sono in quello che volevo.
Sia pesce o uova, Strilla di bambini o polvere negli occhi.
Siano patate sotto il sedere, mezze capre al mio finestrino.
Sono seri quegli occhi.
Forse non hanno venduto nessuno di quei pesci.
Eppure basta che io alzi il mio pollice e gli angoli delle labbra perche' anche in loro si accenda un sorriso.
Sempre
Non esiste bambino che non mi sorrida.
Che non cerchi il mio volto epr dirmi...Hallo.
Happy, Gift, Special. Felice, Donata e Speciale.
Sono questi i nomi della gente.
Sono nomi che ho gia' sentito.
Ma non li avevo mai sentiti per il loro significato.
Donne.
Donne con chili di legna sul loro cervello.
Scendono montagne senza abbassare la testa.
Dritte e piu' forti degli uomini.
In processioni quotidiane verso la riva, ogni mattina, all'alba, raccolgono litri di acqua del lago.
Avanti e indietro.
A pettinare la spiaggia.
Si infilano tra le capanne e tornano con i secchi pieni.
Sfiorano i baobab, enormi sulle strada di sabbia.
Credevo non esistessero piu'
Credevo che il futuro avesse ricoperto d'asfalto ogni percorso e i percorsi dei giochi.
Invece qui, in questo piccolo cuore dell'Africa e' tutto non lento.
Non ferma.
E' altrove.
Non e' un ritaglio di vita lontana paralleo al futuro.
Africa. O Malawi soltanto. Ancora non lo so.
Pomodori, cipolle, pannocchie.
Banane verdi. Pentole gia' rotte.
Patate.
Dio quante patate.
Pugni stretti intorno a mazzette di denaro.
Soldi e cellulari.
Olio rovente sopra legna che arde e telefoni cellulari.
Ma io non compro stronzate e nemmeno amici.
Sembrano tutti amici.
Il mio sguardo diffidente e' costretto a sciogliersi di fronte alla semplicita'.
Onesta'.
Disponibilita'.
Generosita'. Per offrirmi quello che hanno.
Coraggio.
Hanno coraggio quei bimbi approdati alla spiaggia.
Spingevano nell'acqua remi troppo grandi per loro.
Spingevano canzoni tra le labbra.
Non so se li ho sentiti dirsi nulla.
Forse dovrebbero essere cosi' i bambini.
Tanti.
Avere l'argento dei pesci riflesso negli occhi.
Dovrebbero cantare.
Strisciare nella polvere tra capre e polli.
Non vedere gli ubriachi dietro barriere di paglia.
Raccontarssi verita' cantate dal Raggae.
Dette nella polvere o dall'alto di un altare, sono le stesse con cui mi sono visto morire.
One love.
Prendila questa pace.

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