VIAGGI, PENSIERI, EMOZIONI
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Friday, August 28, 2009

Sono qui

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Aveva una piccola vela triangolare piena di vento, quella barca.
C´erano sei uomini.
Uno era in piedi sul bordo e sosteneva la vela, orientandola per sfruttare la massimo il vento.
io era seduto sulla prua della piccola barca metallica che mi stava portando in citta´.
Alzai il braccio in un gesto di saluto.
Di riflesso sei braccia si alzarono. Non aspettavano altro che un segno, volevano salutare.
Le mani incollate alle assi di legno avevano un movimento scritto dentro. Aveva cominciato a scriversi nel momento in cui avevano sentito il rumore del motore.
Osservai quella piccola vela bianca disegnata in quel pezzo di fiume con la precisione della faccia di un re stampata su una moenta.
Mi lasciavo bagnare la mano da gentili spruzzi di acqua e sale
Mare nel fiume, sopra la sabbia, sopra pochi metri di acqua.
In quei pochi miuti eprfetti riuscii a ripensare ad una notte intera. Non tanto agli episodi, alla successione esatta degli eventi. E´tutto giá successo e non e´necessario che accada di nuovo.
Ripensai alla violenza, allíntensitá e a tutto quello che sono destinato a custodire con la sola speranza che sia tutto riflesso, uguale e contrario dentro di lei.
Ora, mentre scrivo la piccola cittá sembra riposare dopo il baccano del primo mattino.
Auto con casse a volume esagerato che diffondevano messaggi pubblicitari, musiche di vario tipo, voci, pesce, banane.
Sono in un posto cosi´piccolo che devo andare spesso a controllare se esiste davvcero.
E´piccolo perché e´circondato da sabbia, dune immense. E acqua bassa.
Maree infinite.
Per fare 100 chilometri ci vogliono 3 ore.
Ho la sensazione che sia difficile andare da qualsiasi parte. Lungo. Faticoso.
E anche se ci sono i negozi, i bar e dei piccoli garage trasformati in ristoranti, e´tutto lontano. Lontano.
Lungo.
Eppure in questa cittadina di qualche migliaio di abitanti c´e´una succursale della facoltá di filosofia di Sao Luis.
Filosofia.
Pare che qualcuno che sta al governo del Brasile abbia capito che il mondo e´mosso dalle domande e non dalle risposte e abbia addirittura reso obbligatorio studiare filosofia in tutte le scuole.
Questa storia me l´ha raccontata Netto, figlio di Dona Luiza, la custode dell´isola.
Con quella faccia da pescatore e lódore di mare piú spesso della sua maglietta, non mi sarei mai sognato di chiedergli se sa chi e´Eraclito.
Lo sapeva.
Lo sapeva meglio di me. L´ha studiato un paio di domeniche fa.
....il mondo e´mosso dalle domande...
Anche dalle mie?
Se le mie domande spingono il mondo allora da domani i giorni saranno piu´brevi

Friday, August 21, 2009

Drums calling Drums


from
http://latestnewsfromthervheraclitus.blogspot.com/


We Just finished our daily drumming class leaded by the crew member Augusto when in the silent sharp light of the early Saturday afternoon of the delta of the RioParnaiba, a shrimps fishing boat started moving towards Heraclitus. The approach was sound tracked by the loud beats of Maracatu and Ijexà drums.
Two local groups of drummers and dancers, Boi Dominante and Caroço de Dona Elza, where coming to play on board of the black ship. I was watching the scene from the beach of Croata and I had immediately the feeling that something powerful was happening. The water of the sea mixed with the river became the stage of a cultural exchange. The air was fulfilled and soon the red deck was overloaded with ladies in coulurful dresses, children and drummers.
After the guests visited the ship the show started and Dona Elza and Dona Elisa started singing and dancing telling the stories and legends of the local culture. The joyful atmosphere invited immediately to a coral dance and the crew and the bands mixed their movements around capstain and hatches.
After a few songs a new dancer overtook the stage: a bull, representing a legend of the local tradition. It was dancing ina really particular way, moving all around the shining cloths. An unusual instrument made with crocodile skin and a rubber stick was reproducing the sounds of the bull moo.
As soon as the queens concluded they performances, we agreed to show how between watches, duties and explorations we learned how to play percussions. One, two, three, four. Capitain Claus started to play the agogô, a doucle bell of the candoblé tradition. Then the all crew joined the maracatu and Ijexá rhythm, playing the three candomblé drums, named according to the decreasing size, Melê, Biancor and Ian, a couple of djambé and the Agbê, a shaker made with a cabaça (gourd) and a net of beads.
We ended playing some songs all together, dancing, singing or just talking and laughing till we exchanged some presents as a memory of this intense moments. They gave us some CDs and DVDs of local bands, Brilho do Delta, Bumba-Meu-Boi Mscunâ, Bolizinho Precioso, one of their big maracatu drums and a Xequerê, a shaker similar to the agbé.
We gave a signed picture of Heraclitus and moved by theier kindness Xtine decide to offer the agbé she made on the voyage from Salvador to Natal.
By sunset the 30 guest where on board of their blue and orange boat and they started making theier way back Tutoia with the same energy the brought on board: loud sounds and brasilian rhythm while the sun was gently hiding behind the cocunat trees offering its daily show in this untouched paradise.

Stuck in the mud! Infangati!




Da ormai tre settimane la barca di cemento e´ancorata nel delta del Rio Parnaiba, poco lontano dal piccolo villaggio di Tutoia, di fronte all´isola di Croatá.
L´isola e´di proprietá di un amico dell´Heraclitus, Manno.
Manno ha mosso i primi passi della sua vita sulle spiagge di Croatá. Ha vissuto fino all´étá di 3 anni in una capanna sulla spiaggia e sua sorella e´nata sull´ísola stessa. Manno e famiglia vivevano nel modo piu´semplice che si possa immaginare, senza nemmeno usare abiti di alcun tipo. Erano gli unici abitanti dell´isola. Oggi Manno ha 30 anni e da allora non e´piu´tornato. Ne´lui n´s suo padre sono piu´tornati a Croata´.
Manno ha messo piede sulla spiaggia dove ha imparato a camminare dopo 27 anni ed e´arrivato sull´isola a bordo dell´Heraclitus.
Sull´isola c´éun´unica costruzione di pietra. Una casa bianca. La casa di Dona Luiza.
Dona Luiza e´stata incaricata di curare l ´isola e di farne mantenere l´íncontaminata bellezza, in cambio Guillerme, padre di Manno, le ha offerto la possibilitá di stabilirsi nell´isola, allevando capre, maiali e asini.
L´isola e´un punto di appoggio per molti pescatori che vivono sulle spiagge appendendo qualche amaca, accendendo qualche fuoco.
Il 31 Lulgio 2009 Manno e Dona Luiza si sono incontrati di nuovo, in qualche modo per la prima volta.
Io camminavo dietro a Manno mentre ci avviavamo verso il punto piu´scenografico per ammirare il tramonto. Sotto il suo cappello bianco teneva racchiusi i passaggi di questa storia e la sensazione di una nuova colonizzazione. La tomba del bisnonno e´ancora in discrete condizioni, nascosta tra le piante del selvaggio entroterra. Eppure se per quasi 30 anni e´rimasta dimenticata ora potrebbe essere tempo di darle nuova vita, pur con la consapevolezza che ormai i veri proprietari sono il paesaggio, il tempo, i pescatori, il fiume e le maree.
Croatá forse non e´né di Manno né di Dona Luiza. Forse appartiene alla sabbia. Ai milioni di piccoli granchi che si nascondono sotto il fango.
E piu´che di appartenenza sarebbe opprtuno parlare della sensazione di selvaggio niente che trasmette questa terra.
La storia che le appartiene e´uno scenario perfetto per appoggiarvi la sensazione di mondo perduto. L´enorme disco infuocato che scompare la sera dietro le palme o dietro gli alberi dll´Heraclitus, le sue incandescenze riflesse sulle pighe dellínterminabile spiaggia che la marea libera due volte al giorno, la terra crepata delle pozze di fango seccate dal vento, le impenetrabili mangrovie, i serpenti, gli scorpioni, le spine, sono tutti attori di un piccolo pianeta appoggiato sull´acqua, circondato dalle miglia che ho navigato per arrivarci e viverne la storia e scrivere le prime pagine di quella che e´appena cominciata.
In queste settimane di sosta, prima di avviarci verso i Caraibi, in questi ultimi giorni in Brasile, dopo averne navigato quasi tutte le latitudini, a ridosso dell´equatore, abbiamo esplorato le piante, la geologia, le maree, la topografia, abbiamo mappato i punti di interesse per eventuali pozzi, costruzioni.
Le ipotesi per il futuro sono partite tutte da una sorta di accampamento che abbiamo usato come base per gli spostamenti nell´éntroterra, ma in ogni ipotesi e operazione e´prevalsa la sensazione che la natura fornisca giá il necessario. L´ombra, i rami per appendere le amache, la legna per il fuoco.
Tuttavia il futuro e´l´único tempo non ancora presente. Appare leggero sotto strati di limo, ma la sensazione piu´forte e´stata quella di esserci.
Io e Juju abbiamo deciso di abitare l´ísola anche di notte e di farla nostra almeno per un giorno.
Al calar della sera abbiamo lasciato l´Heraclitus e ci siamo addentrati nella foresta per dirigerci verso l´áccampamento. L´alta marea impediva di cricumcamminarne le rive.
Il sole era giá quasi all´órizzonte, nella sua veloce corsa equatoriale. Io e juju cercavamo di orientarci seguendo l´ínclinazione delle poche ombre visibili. Graffi sulle gambe, spine sotto i piedi e il terrore dei serpenti hanno segnato il percorso fino al´láccampamento.
Gli ultimi istanti di luce sono bastati per raccogliere legna e fissare le amache ai rami.
Abbiamo afferrato vino, olive e crackers per anfdare a godere il tramonto.
Alcuni pescatori rientravano dopo una giornata di lavoro e ancoravano le barche prima che fosse notte. L´énorme luna che era salita a oriente la prima volta che eravamo stati sull´isola non si fece vedere nemmeno per un sorriso e le tenebre di un cielo stellato avvolseto la sabbia, le palme e i tronchi sulla riva. Solo il vento e un paio di luci lontane ricordavano che era poissibile una direzione.
Rientrammo al campo e accendemmo il fuoco per consumare pane formaggio al chiarore delle fiamme. Il calore arrivava solo di striscio, sipnto velocemente lontano da noi.
Io e juju ci raccontammo emozioni, vite diverse e per lungoi tempo non c´era cosa migliore da fare che godere della notte, di quel posto, della natura selvaggia sotto fronde di rami e di stelle.
La sabbia alzata dal vento si era infilata in ogni fessura possibile e il desiderio di un bagno in mare era l´último prima di andare a dondolare tra i rami.
La marea era al suo minimo, ma sapevamo che poco lontano c´éra un banco di sabbia dove l´ácqua era solitamente profonda abbastanza per potersi bagnare. Ci avviammo verso il banco di sabbia ma l´óscuritá ne rese difficile individuarne la posizione.
Cominciammo a camminare sul limo e fango sperando di incotrare almeno una pozza per immergersi. Non camminammo che per una decina di minuti quando Juju mi disse.
Dario, siamo perduti.
Io non vedevo assolutamente nulla e lei non trovava piu´alcun riferimento.
Riusciva a malapena ad individuare gli alberi sulla spiaggia, ma tra la spiaggia e noi céra una sorta di fiume. Ad ogni passo sprofondavamo nel fango e il terrore di incotrare sabbie mobili ci suggeri di non muoverci troppo.
Io cercai di ragionare, di fare il punto della situazione, mentre la sensazione di essere in pericolo si fece piu´fredda del vento che mi strisciava sulla pelle.
Mi strinsi a Juju e pensai.
Dovrebbe essre circa mezzanotte, la marea salirá tra 4 ore, ovvero prima dell´alba e se non trovo un punbto di riferimento non sapro´nemmeno in che direzione nuotare.
La cosa peggiore che potesse capitare era che avremmo dovuto aspettare il giorno li´, in piedi, con le gambe infilate nel fango, il vento freddo e una cortina di stelle che non avevamo guardato abbastanza per poterle usare a nostro favore.
Considerai la direzione del vento per provare ad usarla come orientamento, ma non era sufficiente per inviarmi a muovermi in alcuna direzione.
L´ídea di camminare nel fango e sopra un substrato croccante di granchi non mi convinse a muovermi se non dopo aver trovato qualche certezza.
Non trovai niente, né dentro né fuori e chiesi a Juju come si dice aiuto in Portoghese.
In casi come questo si urla Socoro.
Mi disse.
E comicnciammo ad urlare. Urlammo a scuarciagola sperando che qualche pescatore ci sentisse, Cominciammo ad agiare la pila in tutte le direzioni. Niente.
Non succedeva niente
Solo riflessi di millimentri d acqua e impronte nel fango.
Ad un certo punto le urla cominciarono ad infastidimi e chiesi a Juju di tacere.
Entrambi riuscimmo a mantenere la calma. Ma la calma non bastava per tirarci fuori da quel mare di fango.
Poi chiesi a Juju.
Vedi qualche albero?
Si
E perché non andiamo verrso gli alberi?
Perché tra noi e gli alberi ci sono piu´di 100 metri e in mezzo c´é una sorta di fiume. Se ci impantaniamo li in mezzo non ne usciamo piu´.
Ok.
Poi Juju suggerí di provare ad aggiare il fiume, camminando parallelamente per qualche metro.
Trovammo un punto con meno acqua e decidemmo di tentare di attraversarlo.
Si sprofondava quasi fino alle ginocchia, ma muovendomi rapidamente riusci a trascinare me e Juju su un punto dove la sabbia era piu´consistente.
Camminammo ancora verso terra e ad ogni passo in quel liquido vischioso speravo di appoggiare il successivo sulla sabbia solida.
Camminammo verso erra e ogni tanto Juju contava alla rovescia i metri che rimanevano fino a che percepii la sabbia sotto di me. Sabbia di spiaggia, sabbia asciutta
Non dissi nulla. Non avevo ancora ne´voglia né la forza di gioire.
Volevo solo arrivare alla mia amaca.
Abbracciai Juju, cercai di pulirmi i piedi ricoperti di fango con la maglietta e mi stesi tra i rami.
Non riuscivo a dormire. L´adrenalina socrreva nelle vene come droga e sentivo che anche juju era agitata. In m,eno di un´óra sentimmo una voce.
Era Gilson. Con lui cérano Eddie e Claus, il capitano.
Avevano sentito le mie grida e Gislon, brasiliano,. aveva capito immediatamente che ero io per come avevo pronunciato la erre.
Ed erano partiti in cerca di noi.
Avevano pensato alle cose peggiori, ma che io e Juju fossimo in mezzo al fango non era venuto in mente a nessuno.
Quando ci hanno visti sanie salvi, stesi nelle amache sono tornati alla barca, ripercorrendo la spiaggia e solo nel mattino ci confidarono la loro preoccupazione e potemmo cominciare a ridere sul lieto fine di una nuova avventura in un territorio sconosciuto.

Foto
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Wednesday, August 12, 2009

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Sono tagliato fouri dal mondo da un po´di tempo. Sento le storie che vorrei raccontare spingere dentro le mani. Alcune le registro su carta sperandi di poterle scrivere da qualche altra parte, altre le tengo nelle mani.
Vorrei scrivere di questi giorni tra dune e isole deserte, lune nuove e traminti in mezzo la mare.
Ora ho solo qualche minuto con la faccia bollente e le cocacola fredda per dire che la nuova rotta sará verso Trinidad e Tobago. Dovrei arrivare a metá settembre. Dovrei rimanere in queste isole dei Caraibi per tre mesi. E´unóttima occasione per ...una visita.
Pensaci. Potremmo stare a bordo dell´Heraclitus, raccotnarci un po´di cose e prenderci qualche giorno per goderci le spiagge e il mare.

Presto nuove storie e foto