Heraclitus ha fatto un passo nel futuro, concendendosi la possibilità di inviare messaggi email anche dall'Oceano.
Sul
blog del vascello vengono postati con una discreta frequenza dei messaggi scritti direttamente dai membri dell'equipaggio. Hanno scritto Christine, capo spedizione, Claus, il capitano, e Abi, una ragazza della ciurma.
Credo che loro scrivano a qualcuno che poi si fa carico di inserire i messaggi nel blog. Infatti si avvalgono di un servizio offerto da
SailMail che permette di inviare messaggi di testo appoggiandosi alla radio o al telefono satellitare. Per tanto dubito che sia possibile una normale navigazione nella rete con tanto di aggiornamenti di status su Facebook, anche pèerchè so che il capitano era profondamente contrario ad avere itnernet a bordo, per potersi riservare il lusso di essere irraggiungibile e solo, di godersi il mare, la sua infinità, il suo silenzio e le sue creature, fino a quando la terra avrebbe permesso di condividerle con qualcuno che non fosse a bordo. Senza internet l'Oceano è ancora un posto dove il mondo è diverso. Dove puoi smettere, per il tempo della navigazione, di essere quell'uomo che la terra vorrebbe.
L'uomo non è nato per vivere sul mare. Proprio per questo quando sei sul mare puoi essere tutto e il contrario di tutto.
Ciò nonostante è indubbio che dal mio punto di vista, di ex Heraclitiano, poter leggere quello che sta succedendo a bordo, le emozioni, le impressioni, è decisamente forte.
Conosco Claus e molti altri membri dell'attuale equipaggio, per cui immagino, sento, vedo anche se non sono a bordo.
Night before last, Eddie's watch, the 12-4 broke the speed record --9.9 knots...I heard Eddie laughing with joy on the helm.
(La notte precedente, durante il turno di Eddie, iol12-4, Heraclitus ha superato il record di velocità, 9.9 nodi... Ho sentito Eddie ridere con gioia mentre era la timone.) Christine
L'ho sentita anch'io quella risata.
La conosco bene.
Forse non so esattamente cosa vuol dire essere sulla cresta di quelle montagne di cui parlano qualche riga più su, ma ora so che io sto navigando.
Io sono sul mio Oceano.
La mia sfida ora, non si chiama Atlantico.
Ne ho una ben più grande da affrotnare.
Che non conosco.
Conosco forse il mare? O conosco solo il suo nome?
Conosco cosa mi riserva il girno successivo? Conosco quali tempeste, quali onde?
Conosco qauli meraviglie?
Conosco forse il colore che avrà il cielo al tramonto, all'alba? Posso sapere quali e quante nuvole ci saranno? Se pioverà?
Non so nulla.
Non so niente
So soltanto che sono in continuo movimento.
Sono disorientato eppure non sono perso nell'infinito della libertà.
Su un mare senza vento nè stelle.
Forse anche un po' abbandonato alla deriva.
Naufrago dentro me.
A cosa è servito tutto questo naviagare, questo viaggiare, questo conoscere e divenrire?
Forse a non avere paura di continuare a farlo, anche se non vado da nessuna parte.
Non sono certo appagato. Il mio desiderio di mondo non può sopirsi di fronte ai viaggi del pensiero.
Ma anche il pensiero si stanca.
E vorrebbe riposare.
Si può?
Si può fermare il pensiero?
Si può gettare l'ancora?
La leggerezza che volevo era soltanto quella dell'illsuoine di una sosta.
Ma cosa vuole diventare tutto il mio moto?
Posso forse trasformarlo in una forma esistente, già vissuta da qualcuno?
Non mi posso costringere a questo.
E' difficile.
Difficle contiunare a rincorrere qualcosa che si nasconde dientro la nebbia.
E' difficle cercare di essere quello che nemmeno si sa.