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Tuesday, August 3, 2010

c'è un po di strada...

30 euro, per favore.
Disse Nico al benzinaio.
Il benzinaio si allontana, riempie il serbatoio e torna e prendere i soldi.
Mentre sta inserendo le banconote nel malloppo che tiene in tasca come tutti benzinai che si rispettino, Nico gli chiede.
Scusi, per Monreale proseguo dritto?
Si, prosegui, poi troverai le indicazioni.
Ah, grazie. Quanto dista, più o meno.
C'è un po' di strada.
...ehm...grazie.
Nico ingrana la prima e dopo solo due metri scoppiamo tutti a ridere.
C'è un po' di strada?
Ma che vuol dire?
Quanto è quel po'? 10 chilometri? 10 minuti? E poi fa differenza se io faccio i 90 all'ora o i 40?
Il tono sembrava di uno che c'è andato l'ultima volta almeno 20 anni fa in bicicletta.
Tuttavia la strada che si inerpica sulla collina alla periferia di Palermo è segnalata quanto meno decentemente e riusciamo a raggiungere Monreale senza troppi problemi, dopo una decina di chilometri dal centro della bella e imponente città Siciliana.
Il Duomo aspettava rovente appena dietro l'angolo di un muro che occludeva lo sguardo mentre ci rifocillavamo all'ombra con sfincione e Nero d'avola.
La maestosità esterna non è nemmeno equiparabile agli splendidi mosaici interni, alle meticolse e inspiegabili sculture del transetto, all'imponenza del vuoto delle navate e delle colonne che le separano. Stentavo a credere che una simile preziosità non mi fosse stata adeguatamente raccomandata in precedenza se non dalla compagna di viaggio, instancabile paladina della sicilianità, anche di quella del benzinaio approssimativo.
L'escursione fuori porta a Monreale è stata la ciliegina sulla torta di un weekend iniziato a Montalbano Elicona, un piccolo comune del messinese annoverato tra i borghi più belli d'Italia, dove è stato proprio il palato il primo a deliziarsi, con un panino farcito con provola locale, olive schiacciate e pomodoro, innaffiato da una fresca birra Messina, per non tradire l'orgoglio locale.
Il pomeriggio già fresco di aria di alta quota e bagnato da gocce di pioggia estiva si è dileguato tra piccoli vicoli e viste d'espansione sulle colline di noccioleti e uliveti e la valle estesa fino agli angoli di mare visibili dal castello., trasformato per una notte da fortezza medievale a milonga di tango e seduzione.
Chiaro di luna, stelle, pietre centenarie, luci radenti e note di malinconia argentina hanno reso incantevole lo scenario di passi di danza ed eleganza, dove la musica si trasformava per qualche istante nei corpi congiunti di uomini e donne nascosti nella notte.
Il mattino seguente l'autostrada per Palermo era vuota. Quasi surreale.
Stesso desertico sfondo per la passeggiata cittadina, nel tempo che i siciliani dedicano al pranzo o all'ozio.
Ancora deserto sulla via del ritorno.
Il sole quasi a mollo sul mare, le Isole Eolie perfettamente visibili su una fascia d'arancio.
Un inarrestabile susseguirsi di gallerie nelle quali siamo costretti ad infilarci, intevallando il buio al tramonto, sperando che il sole aspetti ancora un po' prima di sparire. Le nubi sono basse, quasi piccole vicino alle montagne intorno alla città.
La musica è a tutto volume.
Io rido, sorrido, canto. Rido ancora.
Per qualche chilometro, per qualche istante tra una canzone e il mare, per quel sapore di sarde che avevo ancora in bocca, per un tempo eternamente breve mi sono sentito leggero, felice. Soprattutto completo.


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