VIAGGI, PENSIERI, EMOZIONI
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Monday, November 8, 2010

un giorno nel fango




Domenica mattina mi sono presentato alla canonica di Casalserugo.
Un gruppo di volontari ha preso in mano la situazione e sta cercando di aiutare la protezione civile a gestire l'afflusso di aiuti materiali e di forza lavoro.
Ad ogni volontario viene chiesto nome, cognome, indirizzo e documento. Viene rilasciato un numero e un cartellino di riconoscimento. In questo modo gli addetti della protezione civile possono individuare i volontari e concedere l'accesso alle zone alluvionate e alle strade chiuse al traffico.
Dopo alcuni minuti sono stato assegnato ad una squadra e sono stato condotto presso una famiglia.
La scena è apocalittica.
Mucchi di mobili e immondizie da entrambi i lati delle vie del paese sono solo l'anticamera di quello che si vede dentro le case.
I muri sono bicolore. Una linea ininterrotta ricorda il livello raggiunto dell'acqua.
Nella casa dove sono stato io aveva superato il metro di altezza.
Ora si è ritirata e ha lasciato danni ingentissimi.
I mobili sono tutti da buttare. La maggior parte sono mobili di truciolare o compensato che nei tre giorni che sono stati immersi nell'acqua si sono gonfiati ed ora sono inutilizzabili. Quelli che si sono salvati puzzano di acqua putrida.
I propietari della casa quando hanno visto arrivare l'acqua hanno cominciato a portare alcune cose al piano superiore ma il livello ha superato il metro nel giro di un'ora o poco più.
Sono rimasti effetti personali nei cassetti. Tutti imbevuti. Vestiti, materassi, sedie.
Tutto da buttare.
Giuliano cosa faccio con quello che c'è qui dentro?
Butta tutto.
Per curiosità ho aperto un fagotto a caso, per vedere cosa stavo buttando via.
Era un clarinetto del 1900, che apparteneva a suo zio che lo suonava durante la guerra.
Mi ha ringraziato per aver scelto di controllare proprio quell'involucro.
Gomitoli di lana che stavano diventando maglioni.
Via. Butta via.
Vasi di cristallo. Si sono sollevati e poi sono ricaduti chissà dove.
Via. Butta via.
Lavatrice, frigorifero, forno. Via.
Le porte sono ancora buone, almeno all'apparenza.
Le hanno trovate che galleggiavano dentro la casa. L'acqua le ha sollevate dai cardini,trasformandole in zattere domestiche.
C'è una cuccia di cane in cortile. Ma non si sa da dove arrivi.
Tutta la legna che era stata accatastata dietro casa ora è davanti, sparpagliata ovunque.
Per buttare i mobili occorre svuotarli del contenuto.
Le medicine erano nei pensili più elevati e si sono salvate. Le tazzine sono ancora buone. Già pronte per servire acqua di Bacchiglione. L'acqua è scesa, ma dentro tutti i contenitori non capovolti rimane acqua putrida.
L'impianto elettrico sembra poter essere ripristinato a breve.
C'è un tipo che ci sta lavorando
Qualche ora dopo abbiamo la corrente e possiamo utilizzare l'idropulitrice per pulire pentole e oggetti vari. Una collezione di TEX ben sigillata dentro un sacchetto di plastica, un robot elettrico che era dentro una scatola su uno scaffale alto.
Portiamo tutto al piano di sopra, tutto sparpagliato nelle stanze, tutto il contenuto dei mobili occupa i pavimenti.
Tutto deve prendere aria, tutto puzza di fango, di umido.
Quando la casa è completamente vuota passiamo il getto di acqua all'interno, sui muri e sui pavimenti.
Ammoniaca a cloro per disinfettare.
non ci sono lacrime. Nè per i polli morti, nè per le automobili da buttare.
Ci sono bestemmie, immancabili in Veneto.
Contro il governo e contro la RAI, che si è degnata di venire a fare un servizio solo ieri.
Le fabbriche sono chiuse.
Poco lontano c'è una fattoria dove avevano 40 mucche.
Quando hanno visto l'acuq le bestie sono impazzite ed hanno cominciato a scornarsi tra di loro, impaurite da un fenomeno così insolito e hanno perso il controllo, diventando bestie pericolosissime che solo un trattore riusciva a spostare.
Ci sono tanti dettagli, tante storie.
Tante come ognuno di quelli che si è trovato con la casa nell'acqua, con la madre nel fango.
Eppure, come sempre, si poteva evitare.
Perchè sono anni che i comitati promuovono la relaizzazione di opere iridiche per evitare che quello che è successo nel '51, nel '66, nel '92 e nel '98 si potesse ripetere, più grave che mai.
Acqua più alta che mai.
Ora ci vuole gente, pazienza e coraggio
Per continuare

2 comments:

Anonymous said...

Il tuo racconto mi ha riportato alla mente questa canzone...
eccone le parole...

La storia siamo noi, nessuno si senta offeso,
siamo noi questo prato di aghi sotto il cielo.
La storia siamo noi, attenzione, nessuno si senta escluso.
La storia siamo noi, siamo noi queste onde nel mare,
questo rumore che rompe il silenzio,
questo silenzio così duro da masticare.
E poi ti dicono "Tutti sono uguali,
tutti rubano alla stessa maniera".
Ma è solo un modo per convincerti a restare chiuso dentro casa quando viene la sera.
Però la storia non si ferma davvero davanti a un portone,
la storia entra dentro le stanze, le brucia,
la storia dà torto e dà ragione.
La storia siamo noi, siamo noi che scriviamo le lettere,
siamo noi che abbiamo tutto da vincere, tutto da perdere.
E poi la gente, (perchè è la gente che fa la storia)
quando si tratta di scegliere e di andare,
te la ritrovi tutta con gli occhi aperti,
che sanno benissimo cosa fare.
Quelli che hanno letto milioni di libri
e quelli che non sanno nemmeno parlare,
ed è per questo che la storia dà i brividi,
perchè nessuno la può fermare.
La storia siamo noi, siamo noi padri e figli,
siamo noi, bella ciao, che partiamo.
La storia non ha nascondigli,
la storia non passa la mano.
La storia siamo noi, siamo noi questo piatto di grano.

Un abbraccio Dario.
Tuo fratello Nico.
A presto.

Anonymous said...

P.s. Lo strumento salvato ha detto più di quel che si è sentito...

sempre Nico...