VIAGGI, PENSIERI, EMOZIONI
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Tuesday, November 19, 2019

Cos’è il viaggio? Chi è il viaggiatore? I diversi tipi di viaggio.

Sono tornato un anno fa dal lungo viaggio da Città del Capo a L’Avana. Da tre mesi vivo a Berlino. Ho una casa, frequento un corso intensivo di tedesco, lavoro. Sono in viaggio? Tecnicamente no, non credo che sia sufficiente vivere in una città o nazione diversa da quella di origine per poter dire di essere in viaggio. Se la migrazione è definitiva o progettata per durare a lungo, si tratta di fatto di un trasferimento. Tuttavia al di là della retorica per cui “la vita è un viaggio (e viaggiare è vivere due volte)”(Omar Khayyam) effettivamente se non sono in viaggio, sono quanto meno in movimento. Generalmente si parla di viaggio quando vi è uno spostamento piò o meno continuo per un periodo più o meno lungo, ma come si sa, ogni viaggio comporta anche un cambiamento interiore e quindi un moto dello spirito. Che movimento e spostamento debbano coesistere per poter rientrare nella categoria viaggio non è scritto nella definizione, che anzi, contempla entrambe le possibilità: viaggio fisico e metaforico. A questo punto dipende dalla indole personale e da quanto ciascuno di noi sa e vuole viaggiare nella propria mente, nella propria quotidianità, nel proprio territorio e nel mondo. Detto questo alla domanda se sono o meno in viaggio rispondo si, lo sono sempre. Cambio velocità, modi, compagni, percorsi, paesaggi, ma non credo di essermi mai fermato troppo a lungo. Anche in questo caso i gli aggettivi e le caratteristiche notoriamente riferite ai viaggi intorno al pianeta sono applicabili ai viaggi interiori. La velocità, per esempio, è determinata dalla quantità di stimoli che ricevo dall’esterno, che accelerano il pensiero accostando immagini, visioni, fantasie. Oppure i paesaggi, che snon sono altro che i territori della cultura e delle diversità che adoro esplorare. Per esempio per quanto la Germania sia un Paese Europeo, e fossi convinto di conoscerlo a sufficienza da preferire viaggi in Africa o Sud America, mi stupisce per le sfumature che colgo apprendendo lentamente il linguaggio, per come vengano affrontati i problemi sociali, per la forma mentis diversa dei tedeschi (al di là dei luoghi comuni che tendono a banalizzare i dettagli), per il clima. Già, il clima. Si legge sui libri, si sente nei bar la vecchia storia che al nord la gente è più fredda rispetto ai Paesi mediterranei. Ma prima di questi tre mesi in Germania non sapevo esattamente cosa volesse dire avere freddo, essere freddi. Un capitolo a parte meriterebbe la scuola di lingua. Ogni lezione è un viaggio. La classe attuale del secondo modulo del primo livello dell’Integrationkurs è composta da un brasiliano saxofonista jazz, due turche, un marocchino cuoco, un francese-serbo tecnico luci di teatro, tre italiani disoccupati, una spagnola videoartista, una libanese incinta, un’australiana silenziosa, un ganese simpaticissimo, una Barbie polacca e un polacco meccanico, un ceceno col braccio spezzato, tanta barba e nessun capello. La maestra camerunese non ce l’ho più, in compenso due signore tedesche stanno cercando di insegnare questa ostica lingua a questo miscuglio di gente e colori. Basta fare l’appello per aver viaggiato mezzo mondo. Basta che qualcuno faccia un gesto con la mano per richiamare l’attenzione perchè un altro creda che sia finita la lezione. Viaggi della mente, viaggi di lavoro, viaggi turistici, viaggi fantastici, viaggi lunghi e brevi. Come non è la macchina a fare il fotografo, un libro a fare lo scrittore, non è il viaggio a fare il viaggiatore. Viaggiatori si è. Si diventa, ma a mio avviso non si nasce. Al massimo si cresce viaggiatori, invogliati da genitori e amici con i motori sempre accesi, i piedi sulla strada, le chiappe su una sella. Sono in viaggio e quando mi rendo conto di esserlo, quando, come ora, ho il tempo (e anche la voglia) di raccontarlo, mi accorgo che il mio viaggio è fatto di tappe lunghe, di tempi lenti, di rapporti umani. Certo, vorrei potermi estasiare di fronte al Macchu Picchu più spesso, ma mentre cerco di risolvere il conflitti interiori che mi spingono a cercare sempre altrove quello che sembra mancare intorno a me, maturo la convinzione che essere viaggiatori è uno dei possibili modi di essere, condizione che alimenta sè stessa con il continuo desiderio di andare.

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