VIAGGI, PENSIERI, EMOZIONI
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Friday, December 31, 2010

2010. Cosa salvare?

Ho detto addio alla ragazza più bella, brava, buona e dolce che abbia mai conosciuto.
Ho concluso un viaggio di 681 giorni.
Si, è vero, sono tornato a casa. Questo è bello.
Ma tornare a casa deve essere un passaggio, non una sosta.
Ho trovato un'Italia putrida, malsana. Alla quale non mi sono ancora abituato, per fortuna.
Il 2010 è passato senza che me ne accorgessi, senza che riesca a trovare qualcosa di positivo, di veramente positivo per cui valga la pena essere salvato.
Ora vado a preparare le lenticchie per stasera, sperando che un po' di superstizione serva a portare un po' di fortuna al 2011. Nel frattempo ci penso. Penserò a cosa salvare e se salvare questo anno, fatto di numeri belli da  da scrivere, ma forse tutto da dimenticare.
Dovrei ricorrere alle frasi tipo
'Ma ogni minuto della vita vale la pena essere vissuto, perchè la vita è bella e tutto insegna.'
No, per il 2010 non è così.
Se me lo fate sparire mi fate un favore.
Forse un giorno vedrò il senso di tutto questo. Arriverò a capire perchè c'è stato il 2010 per me. 
Fino a quel giorno....non lo voglio ricordare.


Tuesday, December 21, 2010

Aeroporto, territorio di confine




Mancavano due ore all’imbarco. Mi ero avviato all’aeroporto con un largo anticipo per il timore di incorrere nei problemi che hanno costretto moltissimi passeggeri in volo da Berlino a rimanere a terra, intrappolati dentro autobus fermi, treni in ritardo e taxi in coda. Avevo comprato una tazza di caffè bollente e un bicchiere d’acqua. Avevo trovato un bel divano rosso, con una lampada proprio sopra il tavolo dove avevo appoggiato il mio computer. Era tutto pronto per navigare in internet prima di volare in Italia. Avrei voluto scrivere proprio di quel momento, dell’aeroporto. Avrei voluto pubblicare un articolo sul mio blog, per raccontare di un viaggio dal mio confine preferito. Forse l’unico che abbia veramente un senso.
L’aeroporto si trova fisicamente nel cuore di una Nazione, vicino ad una città, più o meno grande, c’è un passaggio che ha addirittura una sua forma materiale e un momento: il metaldetector. Oltrepassi il controllo della polizia, ti spogli prima di passare sotto il portale, ti fai palpeggiare, ti togli le scarpe, la cintura, ti cadono i pantaloni ma ti chiamano per farti aprire il bagaglio a mano e chiederti cos’è quella cosa nera, che non riescono a decifrare. Quando hai svelato tutte le ambiguità che trasporti, sei pronto per rivestirti ed entrare in quel territorio di nessuno, tra la terra e il cielo, tra Berlino e il resto del mondo, tra la Germania e il tuo Paese, tra un albergo e casa tua.
Luccicano, gli aeroporti. C’è profumo di pane, di Dolce e Gabbana, di gente. Al terminale degli arrivi c’è una miscela di mondo più variegata che a quello delle partenze. Da questa parte sono tutti un po’ tedeschi. Hanno addosso la neve della notte precedente, le scarpe pesanti, lunghi calzettoni di lana sotto i jeans.
Fischiano, gli aeroporti. Con il fastidioso sottofondo dell’aria condizionata sparata da enormi tubi sospesi o nascosti dentro chilometri quadrati di controsoffitti. Con il terribile sonar che tradisce un ladro, con il sibilo di un codice a barre che non si fa riconoscere. Suoni di carrelli e valige trascinati da una parte all’altra con il salto intermittente tra le mattonelle o le vibrazioni assordanti di un pavimento sospeso pieno di piccole tacche antiscivolo che trasformano il trolley in una motosega.
Stridono le turbine, un rumore assordante e intollerabile per più di una manciata di secondi. Ultimo suono violento prima di un sottofondo pressurizzato che, ancora, non è né aria né terra. Ancora, un confine.
L’aereo e il mezzo di trasporto che mi piace meno. Mi piace volare ma non viaggiare in aereo. Mi incuriosiscono i cibi inscatolati dentro vassoi composti e perfettamente uguali. Assaggio sempre tutto e finisco quel surrogato di pasto con un surrogato di caffè che mi scotta immancabilmente il palato.
Volo, dormo, leggo, penso, scrivo.
Non sono niente. Forse è in questo che mi identifico. In questo essere marinaio del cielo in un porto di terra ma in partenza per l’aria. Un biglietto in tasca e una destinazione decisa già da un po’ di tempo. Non si può cambiare né rotta né orario. Ho deciso tutto seduto davanti a quel computer che non ero riuscito ad aprire al mondo.
Mi ero dimenticato, tuttavia, che lo posso comunque aprire ed usare, per scrivere ed essere soltanto qui. Con parole pronte a partire. Con me, come me.

Tuesday, December 14, 2010

Berlino, uno stile di vita


Ti è mai capitato di saltare una stagione? Se sei nato ad una latitudine di clima temperato sei anche abituato ad un costante alternarsi di stagioni, con una netta differenza tra estate e inverno. Se per un anno salti completamente una stagione è inevitabile avvertire questa mancanza.
Mi è mancato l’inverno. Il freddo, la neve.
Anche in Italia fa freddo e in molte località è scesa la neve. Io sono venuto a vederla a Berlino.
Sono tornato in questa città e da qui mi accorgo che ho saltato un inverno.
Nelle città del nord Europa l’inverno e in modo particolare il periodo natalizio hanno un sapore particolare. Più volte ho gustato tazze di vino caldo sotto le tettorie di legno delle casette e delle baracche distribuite nelle piazze di Stoccarda, di Monaco, Berlino, appunto.
Non credo ci sia altra città fuori dall’Italia in cui sono tornato così spesso a distanza di alcuni anni.
2000. Avevo 22 anni. Alloggiavo in un ostello della zona nord. Odysee. Esiste ancora. Sono andato a controllare. Stesso tavolo lungo con le candele infilate nel collo delle bottiglie. Stesso biliardo.
Prima di andare all’Odyssee io e i miei amici avevamo alloggiato in un altro ostello più in periferia, in una zona che ho saputo soltanto ora che all’epoca era una delle peggiori.
2005. Viaggio in camper con pausa a Monaco sia all’andata che al ritorno. Una settimana in dieci amici distribuiti su due appartamenti e un albergo. Non so se sia perché anche all’ora c’era la neve, perché il periodo era quasi esattamente lo stesso, ma sembra che sia tutto sigillato sotto uno strato di bianco. Quell’angolo di Kreuzberg tra il canale e il ponte ricorda l’interno di una semisfera di cristallo. Anche i cigni che galleggiano sotto il ponte nei triangoli d’acqua non ancora ghiacciati sembrano gli stessi.
Mi piace camminare per le strade, riconoscere le vie, e piano piano ritrovare ricordi mai pensati e scoprirli vergini e freschi e vividi.
Mi piace ricordare le mie passeggiate, il freddo ai piedi, le voci, le risate.
Mi piace tornare. Ne ho sempre avuto una forma di timore.
2007. Un weekend di passione.
2010. Vengo a  Berlino quasi per caso, poi, pensandoci, mi accorgo che ho anche diversi amici in città. La scopro di nuovo, piano piano, partendo dall’esterno, senza la paura di non aver tempo. Mi faccio penetrare dal freddo fino al centro delle ossa, mi viene un fortissimo raffreddore.
Vivo in una casa di un quartiere che non conoscevo anche se forse ci sono già stato.
Mi sembra che pulsi un modo diverso di vivere.
Per certi aspetti più libero e semplice, altre volte mi viene da interpretare questo mondo creativo come un covo di disadattati in cerca di un senso.
Fino a che punto vedi all’esterno quello che sei piuttosto che quello che realmente è?
Non è in realtà sempre così?
Siamo attratti da quello che siamo e tendiamo a trovare quello che stiamo cercando.
Forse in questo periodo sto ancora digerendo il mondo dentro oppure lo sto trasformando nel mio futuro.
Tuttavia qui più che altrove trovo un’alta concertazione di gente che vive secondo un proprio modello e non secondo uno schema altrui. Tutto diventa il contrario di tutto.
Perché un campo d’orzo non è come un allevamento di polli? Perché i maiali hanno sentimenti? E che ha mai ascoltato un maiale? Non sappiamo decifrare un muggito tanto quanto il pianto di una sequoia.
In questi estremismi risiede la libertà, che sempre cerco eppure ne scopro sempre più l’irraggiungibilità per la sua inesistenza assoluta. E i compromessi sono sempre discutibili.

Monday, November 29, 2010

Disfattismo o premonizione?

dal blog di Beppe Grillo
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La crisi delle banche irlandesi non è una novità, come non lo era quella della Grecia e come non lo saranno le crisi di Portogallo, Italia e Spagna. Questione di mesi. Ogni volta ci si stupirà come di fronte a un improvviso temporale estivo. Ieri la Merkel ha dichiarato che la crisi è estremamente grave e l'euro è a rischio. E noi che non lo sapevamo... I politici danno brutte notizie solo se costretti, attendono l'ultimo istante per evitarci delle sofferenze inutili. Discutere dell'Irlanda o, a inizio 2010, del default greco, equivale a concentrarsi sul foro di un catino bucato. Lo scolapasta è l'intero Occidente che sta fallendo sotto il peso del suo debito pubblico aumentato del 50% in media in vent'anni. I Paesi emergenti, il cosiddettoBRIC: Brasile, Russia, India e Cina, hanno un debito pubblico contenuto e stanno comprando quello occidentale. Se la Cina vendesse tutti i titoli di Stato americani che possiede, pari a883,5 miliardi di dollari, gli Stati Uniti potrebbero fallire.
Il mondo si sta spostando a Sud e a Est. Il PIL dei Paesi del BRIC sta per superare quello del G6 (Germania, Italia, Francia, Stati Uniti, Gran Bretagna e Giappone). I Paesi del BRIC hanno un debito pubblico rapportato al PIL molto basso: Russia 6%, Cina 18%, Brasile 45%, India 59%. L'Italia, per dire, è al 118% con 80 miliardi di euro di interessi annui da pagare, una cifra che ammazzerebbe un elefante. Gli Stati Uniti stanno per raggiungere l'Everest dei 14.000 miliardi di dollari di debito pubblico dai 6.000 miliardi del 2002. In passato le guerre si combattevano con le armi, oggi si combattono con il debito pubblico. Chi compra il tuo debito diventa il tuo padrone.
Gli Stati Uniti, il Paese più indebitato, è responsabile del 50% delle spese militari mondiali. Una enormità. La Russia, l'antagonista storico, spende il 3,5%. Gli Stati Uniti trasformano ildebito in armamenti. In pratica chi compra titoli di Stato statunitensi finanzia la guerra in Afghanistan o le basi militari di Dal Molin di Vicenza e di Okinawa in Giappone dove sono accampati da 65 anni. L'Impero Romano crollò sotto la spinta dei barbari ai suoi confini. Le sue legioni si ritirarono dal Reno alla Britannia. Gli Stati Uniti forse seguiranno la stessa sorte per l'impossibilità economica di mantenere 716 basi militari in 40 Paesi. L'Irlanda è un sintomo del tramonto dell'Occidente travolto dal suo debito pubblico. L'inverno sta arrivando per lecicale europee e americane e fuori fa sempre più freddo.

Wednesday, November 24, 2010

Devastante



Ho ascoltato la replica on line del monologo che Roberto Saviano ha fatto nella terza puntata di 'Vieni via con me'. Non so perchè, ma sento un irrefrenabile impulso a credergli. Io non ho le prove che tutto quello che dice è vero, ma fino a prova contraria gli credo.
Magari un giorno rimarrò deluso, come lo sono stati tanti che per anni hanno votato un partito, una persona, per poi scoprire di essere stati usati, traditi.
Poichè credo a quello che dice, rimango spiazzato. E' un discorso devastante.
Certe cose si immaginano, si sanno. Ma sembrano storie troppo lontane se non sono raccontate con fatti alla mano, con esempi, con paragoni.
Che la mafia avesse il controllo della spazzatura era cosa risaputa, ma mai, come in questo caso, ho avuto la sensazione di capire veramente cosa vuol dire. Ora mi è chiaro come fa, la 'ndrangheta, a fare i soldi con la spazzzatura.
Se poi, piano piano, uno, dentro di sè, mette assieme i pezzi, si accorge di essere circondato da tanto di quel marcio che forse la citata montagna di rifiuti è niente in confronto a tutto quello che non è quantificabile e accumulabile.
C'è una montagna di immondizia senza materia che tuttavia ha un peso schiacciante.
Negli ultimi mesi sto facendo molta fatica a trovare un po' di speranza, un po' di ottimismo, un po' di bellezza. Spero che il meccanismo che si è innescato faccia esplodere questa situazione fino alla più disastrosa delle possibilità, almeno si potrà davvero ricominciare.
Io vorrei capire se mi sto facendo coinvolgere un po' troppo oppure se i miei sentimenti sono in qualche modo condivisi.

Monday, November 8, 2010

un giorno nel fango




Domenica mattina mi sono presentato alla canonica di Casalserugo.
Un gruppo di volontari ha preso in mano la situazione e sta cercando di aiutare la protezione civile a gestire l'afflusso di aiuti materiali e di forza lavoro.
Ad ogni volontario viene chiesto nome, cognome, indirizzo e documento. Viene rilasciato un numero e un cartellino di riconoscimento. In questo modo gli addetti della protezione civile possono individuare i volontari e concedere l'accesso alle zone alluvionate e alle strade chiuse al traffico.
Dopo alcuni minuti sono stato assegnato ad una squadra e sono stato condotto presso una famiglia.
La scena è apocalittica.
Mucchi di mobili e immondizie da entrambi i lati delle vie del paese sono solo l'anticamera di quello che si vede dentro le case.
I muri sono bicolore. Una linea ininterrotta ricorda il livello raggiunto dell'acqua.
Nella casa dove sono stato io aveva superato il metro di altezza.
Ora si è ritirata e ha lasciato danni ingentissimi.
I mobili sono tutti da buttare. La maggior parte sono mobili di truciolare o compensato che nei tre giorni che sono stati immersi nell'acqua si sono gonfiati ed ora sono inutilizzabili. Quelli che si sono salvati puzzano di acqua putrida.
I propietari della casa quando hanno visto arrivare l'acqua hanno cominciato a portare alcune cose al piano superiore ma il livello ha superato il metro nel giro di un'ora o poco più.
Sono rimasti effetti personali nei cassetti. Tutti imbevuti. Vestiti, materassi, sedie.
Tutto da buttare.
Giuliano cosa faccio con quello che c'è qui dentro?
Butta tutto.
Per curiosità ho aperto un fagotto a caso, per vedere cosa stavo buttando via.
Era un clarinetto del 1900, che apparteneva a suo zio che lo suonava durante la guerra.
Mi ha ringraziato per aver scelto di controllare proprio quell'involucro.
Gomitoli di lana che stavano diventando maglioni.
Via. Butta via.
Vasi di cristallo. Si sono sollevati e poi sono ricaduti chissà dove.
Via. Butta via.
Lavatrice, frigorifero, forno. Via.
Le porte sono ancora buone, almeno all'apparenza.
Le hanno trovate che galleggiavano dentro la casa. L'acqua le ha sollevate dai cardini,trasformandole in zattere domestiche.
C'è una cuccia di cane in cortile. Ma non si sa da dove arrivi.
Tutta la legna che era stata accatastata dietro casa ora è davanti, sparpagliata ovunque.
Per buttare i mobili occorre svuotarli del contenuto.
Le medicine erano nei pensili più elevati e si sono salvate. Le tazzine sono ancora buone. Già pronte per servire acqua di Bacchiglione. L'acqua è scesa, ma dentro tutti i contenitori non capovolti rimane acqua putrida.
L'impianto elettrico sembra poter essere ripristinato a breve.
C'è un tipo che ci sta lavorando
Qualche ora dopo abbiamo la corrente e possiamo utilizzare l'idropulitrice per pulire pentole e oggetti vari. Una collezione di TEX ben sigillata dentro un sacchetto di plastica, un robot elettrico che era dentro una scatola su uno scaffale alto.
Portiamo tutto al piano di sopra, tutto sparpagliato nelle stanze, tutto il contenuto dei mobili occupa i pavimenti.
Tutto deve prendere aria, tutto puzza di fango, di umido.
Quando la casa è completamente vuota passiamo il getto di acqua all'interno, sui muri e sui pavimenti.
Ammoniaca a cloro per disinfettare.
non ci sono lacrime. Nè per i polli morti, nè per le automobili da buttare.
Ci sono bestemmie, immancabili in Veneto.
Contro il governo e contro la RAI, che si è degnata di venire a fare un servizio solo ieri.
Le fabbriche sono chiuse.
Poco lontano c'è una fattoria dove avevano 40 mucche.
Quando hanno visto l'acuq le bestie sono impazzite ed hanno cominciato a scornarsi tra di loro, impaurite da un fenomeno così insolito e hanno perso il controllo, diventando bestie pericolosissime che solo un trattore riusciva a spostare.
Ci sono tanti dettagli, tante storie.
Tante come ognuno di quelli che si è trovato con la casa nell'acqua, con la madre nel fango.
Eppure, come sempre, si poteva evitare.
Perchè sono anni che i comitati promuovono la relaizzazione di opere iridiche per evitare che quello che è successo nel '51, nel '66, nel '92 e nel '98 si potesse ripetere, più grave che mai.
Acqua più alta che mai.
Ora ci vuole gente, pazienza e coraggio
Per continuare

Thursday, November 4, 2010

Sotto la polvere



Cos'era quel granello. E quell'altro?
Cos'erano tutti questi granelli prima di essere polvere?
Erano la stessa cosa? Come ci sono finiti insieme?
Quale pelle, quale legno, quale fuoco l'ha bruciato, per essere cenere.
Quale suola, quale pietra, quale pane.
Magari un insetto, un pezzo di sale.
Cosa dentro di me, è diventato energia, per trasformare il mio sangue nella mia mano, per staccare polvere da una carezza.
E posarsi qui, in casa mia. Nella mia stanza. Per ritrovarla, intatta.
Depositata sotto altri minuscoli granelli che erano qualcosa che non so.
Niente di mio.
Non c'ero.
Ed è, ancora una carezza, che se la riprende.
Una carezza che spazza un velo morbido, per liberare dal tempo una foto, una lettera, un pacchetto di sigarette.
Fumavo.
Su ognuna delle sigarette c'è scritta una parola.
Le devo comporre insieme, per formare una frase di senso compiuto.
20 sigarette. 20 parole.
Incluso il nome.
Sono scariche elettriche, le storie custodite da una parola, da un oggetto, da un libro.
Se ti capita di andare sugli scaffali alti della tua stanza di ragazzino, se vai in cantina, in soffitta, c'è.
C'è qualcosa, come un incrocio. Due fili che srotolano fino a quando quella cosa è entrata nella tua vita.
Un nastro magnetico, per esempio.
L'immagine all'interno della custodia è un lampo che accende un flash back.
Immediatamente ti ricordi quando, dove e da chi l'hai ricevuto.
Ti ricordi quale canzone, quale voce è incisa su quel nastro.
Ti ricordi lo stereo, i cui la inserivi, e cosa sentivi quando la ascoltavi, chi c'era con te.
Ti ricordi cosa dicevi e un po', quello che eri.
Poi quel nastro, quella cosa, finisce su uno scaffale, in una scatola, dietro un pacco di libri.
Fino ad oggi.
Tu togli quei libri, prendi la scatola, togli la carezza che c'è sopra e prendi in mano un nastro. uno a caso.
E quella cosa, ritorna nella tua vita.
Tu sei un altro, sei quello che ha messo la cassetta ella scatola, e che non ha nemmeno un mangiacassette, per ascoltarla. Sono tutti da qualche parte, pieni di polvere.
Però, il filo della storia di quella cosa, anche se per molto tempo è stata solo un nastro dentro una scatola incontra il filo della storia della tua vita. E si forma un nodo.
La tua vita, probabilmente, non è soltanto quella di un uomo in una scatola.
E' la tua vita.
Quante di quelle cose.
Che magari spostiamo, distrattamente.
Oppure si cuciono alla vita di un altro.
Sono i tasselli del disegno che siamo.
Sono quello che pazientemente aspetta di essere polvere.

Monday, October 25, 2010

Sono un downshifter?




Quasi esattamente un anno fa.
Era il 6 novembre.
Mi trovavo a Scotland Bay, vicino a Chaguaramas, Trinidad e Tobago.
Controllai la posta elettronica e trovai una mail di mio fratello.
Mi invitava a leggere un articolo apparso su ilFattoQuotidiano.
In questi giorni, quasi per caso, mi è capitato in mano il libro in questione, Adesso Basta.
Se non fosse stato un incontro così fortuito, non cedo che sarei andato alla ricerca di quel libro. Un po' per presunzione, visto che io ho già cambiato vita, e un po' per invidia, visto che lui ce l'ha fatta e io no.
Comunque, l'ho letto.
Effettivamente è un buon libro, un manuale per downshifter, con numerosi consigli e un programma ben articolato su come muovere i primi passi nella vita lenta.
Certi passaggi meritavano una riflessione e un approfondimento più lungo di quello che sono riuscito a dedicare, ma mi sono identificato in moltissime delle sue digressioni, nei suoi esempi e nella scelta delle citazioni.
Condivido anche quello che lui considera valore, ovvero il fare, il risparmio come fonte di guadagno, il consumo responsabile e l'utilizzo intelligente delle risorse.
E' tutto parte della mia educazione, famigliare soprattutto.
Anche se l'autore ammette di rivolgersi ad un pubblico giovane e benestante, ho trovato troppo restrittivi gli esempi al capitolo 'Facciamo un po' di conti'.
Le cifre che considera sono fuori dalla media, visto che secondo lui 3500 euro netti al mese sono uno stipendio buono e 5500 euro uno più che buono.
Per me queste cifre sono nella soglia dei ricchi, mentre per lui no.
Quello che lui considera è un tenore di vita prettamente milanese. Cifre d'affitto esose, migliaia di euro spesi per cene e altri vizi che io non considero nemmeno in un budget perchè sono attività talmente estemporanee da rientrare nella voce 'Varie'.
E' chiaro che io e Simone apparteniamo a due target sociali molto differenti, ma nella mia cerchia di amici non conosco nessuno che abbia queste entrate.
(Se c'è qualche amico che mi sta leggendo e rientra in queste cifre, per favore mi inviti a cena)
Quindi il downshifting, ovvero il passaggio a nuova vita, che propone lui è inattuabile.
Secondo i suoi conti uno dovrebbe riuscire ad accumulare qualcosa come 400mila euro liquidi, almeno, in una dozzina d'anni, facendo qualche sacrificio e con qualche accorgimento.
Innanzitutto uno che vuole cambiare vita, già per il fatto che lo sta pensando non è disposto a tener duro altri 12 anni, e poi sono troppo pochi i casi in cui si riesce ad accumulare tali risorse.
Quindi, in base alla mia esperienza, i casi sono altri.
Arrangiarsi, trovare lavori alternativi, fare l'istruttore di vela, non è così semplice come dice.
A mio avviso Simone è uno bravo. Uno che sa scrivere, che ha fatto un lavoro manageriale ad alti livelli e quindi ora sa come fare il manager di sè stesso in maniera proficua e anche redditizia.
Insomma, dalla parte di chi può dire 'ho cambiato' invece di 'cambierò vita', mi sento di ribadire che la strada e dura, faticosa. Il prezzo da pagare per la libertà è alto.
Del resto lo scrive anche Simone "questa per la libertà non è una scampagnata per buontemponi. E' una guerra"
Bene, ora che io sono in guerra, vi dico che partire per il fronte è l'unico modo per sentire il gusto della libertà ma che occorre avere buone armi e molta forza.
Io mi trovo un po' a corto di munizioni, al momento, ma sono convinto della ciclicità, dell'alternarsi dei ritmi.
Quindi, ringrazio Simone per i suoi preziosi consigli, suggerisco comunque di leggere il libro, ma vorrei dare voce a tutto un sottobosco di gente che condivide la scelta, ma si affaccia a tutt'altra realtà.
Ci accomuna il passione per la scrittura, la navigazione, la buona cucina, fatta e mangiata, la passione per i viaggi, ma la sostanziale differenza tra il mio cambio vita e il suo sta nel piano: il suo è un progetto meditato a lungo, costruito piano piano, meno impulsivo e un po' calcolato. Una sorta di salto con paracadute, che sicuramente fa meno male.
Io ho tagliato i ponti col mondo per imbarcarmi e viaggiare, senza preoccuparmi troppo del futuro, che è il mio attuale presente.
Sono due scelte diverse, fatte su basi diverse e da persone diverse.
In questo senso non so se potermi considerare un downshifter a pieno titolo.
Tra qualche mese, quando avrò ricomposto un po' di pezzi, magari sarò in grado di scrivere il mio 'Ho detto Basta', un manuale per cambiare vita per impazienti e disoccupati.

Cercasi sponsor

Sono in cerca di uno sponsor che voglia aiutarmi a diffondere il libro ACQUA. Un viaggio.
Al momento il libro è realizzato in selfpublishing tramite il sito ilmiolibro.it
Stampando 500 copie il costo di produzione si ridurrebbe notevolmente.
Il libro potrebbe essere un ottimo regalo aziendale natalizio.
Scrivetemi per maggior informazioni.
mail[at]dariosorgato.it

Friday, October 8, 2010

RESPIRO SENZA TEMPO - Doppio reading a Padova


disegno di Mattia Spatti

Sabato 30 ottobre 2010 - ore 20

circolo ARCI
Via della Paglia, 2 zona Specola - Torresino (centro storico)
Padova, Italia

Anna Piovan e Dario Sorgato in un doppio reading letterario con accompagnamento acustico
Open MIC per chi lo desidera
Durante la serata verranno proiettate le foto scattate da Caterina Tabarelli


Wednesday, October 6, 2010

Notte Jazz

Avrei tante cose da dire.
Disse al suo amico.
Ma ho paura.
DI cosa?
Gli chiese.
Di tutto quello che non so. Di quello che non so essere, che non so fare.
Non riesco a concepire la stabilità. La vita costante.
Non sono mai stato costante.
Continua questa musica, questo sax. Il contrabbasso scandisce il ritmo.
Una breve rullata di tamburi. Leggera.
Ancora il sax, che riempie questa stanza fredda.
Me lo dici, cosa devo fare?
Come si fa a non sentirsi estranei, in questo mondo che non sappiamo vivere.
Che non sappiamo abitare.
In questa mente, così diversa.
Che cosa devo essere, per sapere tutto quello che mi serve.
E per non essere niente.
Tu, le vedi queste parole? Le vedi dentro di te?
Tu, la vedi la sinfonia che ti trasmettono?
Perchè non posso vivere di questo, io?
Non ci comanda nessuno. A noi.
Ma non l'abbiamo ancora capito.
Credono solo che siamo pazzi.

Wednesday, September 29, 2010

LO SUDANDOLARDO

Stavo facendo un discorso tautologico, ma il mio amico mi ragguagliò: forse era soltanto lapalissiano.
Ma fin quando si tratta di parole è facile spostare le frasi da un significato all'altro. Ovvio o ridondante?
Lui si era presentato a casa portando un'affettatrice. Che ci fa uno in giro in motorino alle undici di sera con un'affettatrice sulla sella?
La risposta è facile se ha con sè anche il cultello. Toscano e compatto.
Ricapitolando.
Affettatrice, culatello, vino.
Manca lo sudandolardo.
Lo sudandolardo non ce l'ha nessuno.
Non è mica un caleidoscopio che te lo puoi mettere in tasca appena lo prendi dalle mani di babbo natale. Lo sudandolardo potrebbe essere anche un tipo di 110 chili, pelato e con le orecchie enormi.
Che non è dumbo, ma un tuo vecchio amico.
Un tipo affettivo, affettato dall'affetto e dall'affanno di un fiore affondato che poi affiora.
Affettivamente sconfitto dall'affitto.

Monday, September 27, 2010

IMMAGIMONDO 2010


al tavolo viaggiatore con il k-way per il freddo e la pioggia battente all'esterno del tendone

al tavolo con alcuni dei fedelissimi amici

Un breve foto-racconto per illustrare il TAVOLO del VIAGGIATORE 2010

Anche quest'anno il weekend di Immagimondo è stato intenso e denso di viaggi e di mondo, di storie, persone e personaggi.
Come da programma, ho presentato TEMPO LENTO e il PROGETTO HERACLITUS alle platee delle sale messe a disposzione per l'evento.
Bagno di folla e grande attenzione . Nel primo caso perché ormai il Cammino di Santiago (tema conduttore del libro) è un percorso molto frequentato e quindi è molto facile che gli ascoltatori si immedesimino con i racconti, con i temi trattati e con lo spirito di un pellegrinaggio.
Nel secondo perchè il racconto di un'esperienza per mare e dei dettagli che emergono quando il racconto è fatto a voce e in prima persona provocano un trasporto emotivo che, onestamente, non avevo ancora sperimentato.
Spero in altre occasioni.
Mi sono divertito io stesso, mi sono emozionato ricordando episodi che, a volte, non mi capacito siano successi realmente a me.
Immagimondo è stato questo ma soprattutto la condivisione a tu per tu con i visitatori più interessati, quelli che si fermavano attirati da un'immagina, e con gli altri viaggiatori.
Alla mia destra sedeva ancora Paolo Pedaletti. Eravamo vicini di tavolo anche nel 2007.
Alla mia Danilo Elia e il modellino di una Fiat Cinquecento di carta, riproduzione fedele di quella con cui ha fatto Bari-Pechino nel 2005 e il giro del Mediterraneo nel 2007. Sul suo sito video e racconti di un'impresa senza uguali.
La Vespa, invece, è un mezzo già contemplato per grandi viaggi. Tuttavia Umberto Marinello, si è spinto oltre il limite arrivando fino in Mongolia. La cosa incredibile è che Umberto è una sorta di compaesano, visto che è nato e cresciuto a Piove di Sacco. Io e Umberto, in qualche modo, ci conoscevamo già ed è stato bello conoscerci e riconoscerci a Immagimondo, raccontandoci reciproche avventure e sensazioni.
Incredibile anche Marino Curnis, da Bergamo all'Iran a piedi in 13 mesi.
Tra le tante storie raccontate anche con un libro, c'è anche quella di Fabio Vidi, da molti anni 'A Zonzo per l'Australia' con le figlie.
Storie, immagini, parole. La cosa bella di questo festival è la completa libertà di espressione per raccontare il proprio viaggio, per condividerlo e portare tutto il mondo a Lecco.

Friday, September 17, 2010

ACQUA. Un viaggio - IL NUOVO LIBRO

E' USCITO IL MIO NUOVO LIBRO !!!!!



da Cape Town a La Habana

immagini e parole

per scoprire colori, forme, suoni

suggestioni, significati

del liquido che contiene e dà la vita.

L'acqua.

Semplice.

Misteriosa.

Preziosa.


Il libro raccoglie più di 70 tra le più belle fotografie che ho scattato, per accompagnare in un viaggio dentro l'acqua, il suo valore.

E' una tavolozza di colori e percezioni, sensazioni, in qualche modo legate al liquido della vita.

Un'ampia introduzione illustra alcuni dei significati dell'acqua nel mondo e ripercorre le tappe principali del viaggio.


Nell'era del virtuale credo ancora nel valore del toccare un libro, di averlo di fronte a te, come strumento per sognare, ricordare, condividere, annusare e sentire l'acqua attraverso la carta.

Puoi chiamarlo libro liquido o libro di viaggio. E' un libro di acqua e di viaggio.


iIl libro è già acquistabile on-line al sito

http://ilmiolibro.kataweb.it/schedalibro.asp?id=515685

oppure cliccando sul lato destro di questo blog.


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from Cape Town to La Habana

images and words

to discover colors, shapes, sounds, meanings

of the liquid that contains and gives life

Water

Simple

Misterious

Precious


The book collects more than 70 pictures I shot; a journey inside water, its value.

It' is a palette of colous, perceptions, feelings somehow related to the liquid of life

A vast introduction shows the main stages of my trip.


In the age of virtuality I still believe in the value of touching a book, of having it in front of you, as an instrument to dream, remember, share, smell and feel the water through the paper.

You can call it a liquid book or a travel book. It is water and a journey itself.


It si for sale in line at the website

http://ilmiolibro.kataweb.it/schedalibro.asp?id=515685

or on the right side of this blog.

Monday, September 13, 2010

Jimi, Janis, Jim e il fattore J-27


immagine da Facebbok

LA MALEDIZIONE DEL ROCK
Gli eroi ribelli e il fattore J-27

LONDRA Una chitarra a forma di freccia, locandine, un paio di manoscritti, un cappello nero a falde larghe, un disegno autografo dedicato al festival dell' isola di Wight, un vestito sgargiante, di quelli che Hendrix si faceva confezionare su misura come uno specchio di stoffa della psichedelia imperante, e una grande mappa di Londra su cui sono segnati tuttii luoghi che hanno fatto parte della sua breve, bruciante biografia. Siamo a Hendrix Britain, piccola ma succosa esibizione allestita in alcune stanze dello Handel Museum, al numero 23 di Brook street, nella zona di Mayfair, dove Hendrix ha abitato per un po' di tempo. Quello è stato il suo flat inglese, la casa bohémien dove visse con l' amica Kathy Etchingham, l' unica di cui si sia fidato completamente, e dove probabilmente passò alcuni tra i rari momenti di relax della sua travolgente esistenza. Ma la mostra è solo uno degli omaggi che si stanno moltiplicando in tutto il mondo. Hendrix del resto doveva molto a Londra, e la passione fu totalmente ricambiata. Furono gli inglesi a capire per primi che nel suo blues da fantascienza c' era una nuova visione dell' universo dei suoni, che nella sua onnivora, devastante capacità di trasformare in puro genio qualsiasi cosa uscisse dalla sua chitarra fiammeggiante, stava inventando una musica che non si era mai sentita prima. Gli americani l' avevano snobbato. Per loro il blues era una musica da cortile, ce l' avevano sotto casa, e per anni quel diamante era rimasto grezzo, appena abbozzato, incapace di abbagliare. Finché, da Londra, non arrivò il suo primo singolo, una folgorante e ruvida canzone intitolata Hey Joe che lanciò il musicista che di lì a poco avrebbe osato sfidare il cielo stesso, nella nebbia iridescente di Purple Haze, quando cantava come se dialogasse con gli dei: «Scusatemi, mentre bacio il cielo». E a Londra Hendrix ci tornò anche per morire, soffocato dal suo stesso vomito, la sera del 18 settembre 1970, in una stanza del Samarkand Hotel. Aveva ventisette anni. Questo numero, nella mitologia rock, è divenuto sinonimo di maledizione, anche perché di lì a poco, il 4 ottobre, morìancheJanis Joplin. Nel suo caso il referto parlava di morte accidentale causata da overdose di eroina. Aveva la testa segnata a sangue come se avesse sbattuto violentemente contro qualcosa, incapace di controllarsi. Anche lei aveva appena ventisette anni. Il 3 luglio dell' anno seguente cadde anche Jim Morrison, al pari degli altri due devastato da una insanabile tendenza all' autodistruzione attraverso sostanze illecite. Neanche a farlo apposta, aveva ventisette anni. E tutti e tre avevano un nome che iniziava per "J". Le tre "J", o la maledizione dei ventisette anni. Complottisti e dietrologi ci hanno ricamato sopra per decenni. Pura coincidenza? O c' erano forze oscure che lavoravano nell' ombra per eliminare i pericolosi araldi della rivoluzione giovanile? Di sicuro erano vittime facili, di sicuro erano tre rivoluzionari,capaci di incendiare le folle, di smuovere certezze, di mettere in discussione per il solo fatto di essere quello che erano i rassicuranti pilastri dell' establishment americano. Hendrix, a Woodstock, aveva addirittura profanato l' inno americano, costruendo una delle pagine in assoluto più memorabili della storia della rock, con una versione distorta di Star Spangled Banner che si trasformava nella riproduzione sonora di un bombardamento in Vietnam. Jim Morrison era pericoloso quanto possono esserlo in certi casi le parole. Aveva cantato come un novello Edipo generazionale di voler«uccidere il padre e fottere la madre». La Joplin era una mina vagante, una donna sboccata, drogata e disinibita, che toglieva il sonno alle buone madri di famiglia. Ma era sensibile e a suo modo delicata. Quando cantava aboliva ogni barriera tra le zone profonde del proprio essere e l'espressione formale, cantava rabbiosamente, con una potenza che attingeva alla tradizione afroamericana, una bianca che cantava come facevano i neri, e che un giorno decise di far costruire una lapide più dignitosa alla prima e più grande delle cantanti blues, Bessie Smith, morta perché non soccorsa tempestivamente, in quanto «negra», dopo un incidente stradale. Nel 1969, dopo un concerto, fu fermata e denunciata dalla polizia per «linguaggio osceno». Ma qualche anno dopo Leonard Cohen le dedicò una delle sue più belle canzoni, Chelsea Hotel #2, in cui descriveva perfettamente l' impudica ma fragile perso nalità di Janis. E poi in tutti e tre i casi, le indagini furono frettolose, per non dire poco accurate, e lasciarono molte zone d' ombra sulle circostanze esatte dei decessi, il che, com' è noto, è pane per i denti dei teorici del complotto di ogni epoca. Ma c' è anche di mezzo la storia.A quei tempi l' America era governata dal suo trentasettesimo presidente, il controverso Richard Nixon che nel 1968 aveva sconfitto, seppure con minimo scarto, il suo rivale democratico con una campagna in cui aveva esplicitamente promesso di ripulire il paese dalla feccia hippy. La verità è che per un momento il Paese aveva davvero avuto paura che la sovversione riuscisse a ribaltare le forme tradizionali del vivere sociale. E del resto, senza bisogno di arrivare alle paranoie complottiste, molti storici hanno sottolineato con legittimo sospetto la strana coincidenza di un improvviso dilagare dell' eroina nella zona di San Francisco nel momento più pericoloso della rivoluzione pacifica, ovvero la "Summer of love" del 1967, quando interi quartieri della città erano diventate zona franca, un territorio liberato in cui si praticava la vita collettiva, il libero scambio, l' amore libero. Guarda caso in California, in quella indimenticabile estate del sogno giovanile,a esaltare la rivoluzione c' erano proprio le tre "J". Non erano i soli a farlo, ma di certo erano quelli che più apertamente sfidavano le regole. Al festival pop di Monterey si esibirono Jimi Hendrix,che in un sommo rito simbolico di sacrificio incendiò la sua chitarra sul palco, e Janis Joplin che cantò una versione di Ball and Chain passata alla storia. Da quelle parti c' erano anche i Doors di Jim Morrison, che sul palco arrivò a denudarsi, il che spinse le forze dell' ordine a interrompere le sue esibizioni: lo scomodo, insostenibile Jim Morrison che sembrava un incubo vivente per ogni benpensante del Paese. Le sue erano poesie cantate, ma sullo sfondo di un paesaggio apocalittico. A ogni concerto dava l' impressione che il mondo non potesse rimanere com' era, che fosse la fine, The End, che il mondo era inevitabilmente alle porte, The Doors appunto, di un cambiamento senza ritorno. Così nel 1967. Tre anni dopo, quando gli eroi cominciarono a morire, barbaramente uccisi dalla loro stessa fragilità, Nixon si fece fotografare alla Casa Bianca mentre stringeva la mano a un bolso Elvis Presley, il quale molti anni prima aveva fatto partire la prima ingenua ribellione giovanile del rock' n' roll, ma che nel frattempo era diventato un bravo, ammirevole conservatore, fiero dei suoi distintivi di sceriffo onorario, patriota esemplare e, a quanto pare, perfino disposto alla delazione nei confronti dei più giovani e ribelli rocker che lo avevano spodestato. Di sicuro la scomparsa dei tre eroi segnò la fine di un' epoca. Ma la maledizione dei ventisette anni non finì lì. Tornò drammaticamente in auge nel 1994, quando il mondo del rock fu letteralmente scioccato dal suicidio di Kurt Cobain, il cantante dei Nirvana, trovato morto l' otto aprile, nella sua casa di Seattle. Si era sparato un colpo di fucile in testa, o almeno così decretò il referto della polizia, ma ovviamente anche in questo caso in molti hanno pensato che la verità potesse essere un' altra. Anche Kobain aveva ventisette anni, compiuti da due mesi, si drogava e per la verità era stato già a un passo dalla morte per overdose, e questo l' ha ovviamente messo in relazione con gli altri tre, sebbene fossero passati più di vent' anni. Nella sua lettera d' addio non c' era alcun riferimento a Jimi Hendrix, a Janis Joplin o Jim Morrison (malgrado Hendrix fosse di Seattle come lui). Citava Freddie Mercury come esempio di una rockstar che si esaltava nel rapporto col pubblico e finiva la lettera citando un verso di una canzone di Neil Young: «Meglio bruciare in fretta che spegnersi lentamente». - GINO CASTALDO

Sunday, September 12, 2010

Festivaletteratura:che festival!

Sono partito da Padova con il treno. C'è un diretto, un trenino da un paio di vagoni, a motore. Attraversa tutta la bassa provincia padovana e in meno di tre ore si giunge a Mantova.
Un forte sole tardo estivo scaldava la città e l'ha scottata per tutto il weekend, tingendo di blu il cielo, per intonarlo con il colore del festival .Il blu, appunto.
Non ero molto documentato sulle presenza e sui nomi che avrebbero dominato i palcoscenici, ma appena ho recuperato un programma ed una cartina, ho scoperto che ero in tempo per andare ad ascoltare Niccolò Ammaniti (Leggi articolo.... ). Piazza Castello era strapiena e lui ha saputo intrattenere il pubblico parlando di sè e dei suoi libri, aiutato da Marino Sinibaldi.
E. se.....? Questa sarebbe la domanda che sta dietro molte storie che crea la sua immaginazione.
E se succedesse che...
'Da bambino, mentre stavo steso in stanza a fare niente, guardavo le crepe sui muri, i vetri sporchi, e immaginavo, nel caldo di estati interminabili, che cosa sarebbe successo se fossi andato in cucina dai miei e loro non mi avrebbero riconosciuto' dice lo scrittore.
Inoltre ha raccontato episodi di vita personale che hanno ispirato i suoi primi racconti e aneddoti
divertenti, prima di citare il caso Mondadori, evitando di sputare sul piatto in cui mangia, visto che con lui lavorano persone con cui si trova bene e sono le persone che fanno la casa editrice. Fino a quando sarà libero di esprimere il suo pensiero non se ne andrà.
Interessanti anche gli eventi che ho ascoltato di striscio, come quello di Charles Aznavour e quello di Mauro Pirani, introdotto da Corrado Augias. i brani del libro presentato, 'Poteva andare peggio' (Mondadori, 430 pagg) letti da Neri Marcorè,
Coda di un'ora e mezza e qualche centinaio di metri per un posto davanti al palco dello stesso Augias, che presentava il libro 'I segreti del Vticano' (Mondadori, 385 pagg).
'L'anima del vaticano è una corda a due capi. Da una parte quello religioso, temporale. Dall'altro quello politico, secolare. Quale prevale?'
E' questa la domanda che lo scrittore, giornalista e conduttore televisivo, pone al pubblico e nel libro stesso. Lui non ha dubbi, nella storia di quindici secoli dello stato più piccolo e potente del mondo, prevale il peso politico.
Dopo aver portato una serie di esempi di casi irrisolti, da Francesco d'Assisi, quasi all'indice per le sue idee rivoluzionrie, le deportazioni naziste, Pio XII e le sue 'buone' azioni', lo Ior, la banca vaticana degli anni '60, impegnata a dirottare all'estero i pacchetti azionari che di lì a poco sarebbero stati tassati dal governo italiano, la scomparsa di Manuela Orlandi, il triplice omicidio delle guardie svizzere. intrecci fangosi, dai quali emerge un'Italia terribile.
Se i metti a fare politica, infatti, c'è un solo testo che fissa le regole: Il Principe.
Conclude citando le parole di Carlo Maria Martini proprio quando le campane rintoccano le ore :
'Un tempo avevo sogni sulla Chiesa. Una Chiesa che procede per la sua strada in povertà e
umiltà, una Chiesa che non dipende dai poteri di questo mondo. Sognavo che la diffidenza venisse estirpata. Una Chiesa che dà spazio alle persone capaci di pensare in modo più aperto. Una Chiesa che infonde coraggio, soprattutto a coloro che si sentono piccoli o peccatori. Sognavo una Chiesa giovane.
Oggi non ho più di questi sogni".
Tra le battute irriverenti sul governo, le inevitabili domande sul caso Mondadori, la delegittimazione della Chiesa, del Vaticano e del Papa, messa in atto da più parti, emerge una profonda disillusione per ogni istituzione.
Ma la letteratura e la lettura hanno ancora il potere di far sognare, elevandosi ai primi posti dei piaceri dell'uomo. Secondo solo al sesso, a detta di molti.
Condivide Sandro Veronesi, sul palco del teatro Bibiena per una chiacchierata informale sponsorizzata da Eni.
Leggere è l'unico modo che ci è rimasto per sognare senza guardare, senza vedere, per usare gli altri sensi e quindi coinvolgere tutto il corpo.
Questo evento gratuito, ha richiamato moltissima gente, come quello in tarda serata del venerdi, dove il protagonista era Michele Serra.

Tra una conferenza e l'altra, tra un nome di grido e un libro da sfogliare tra le bancarelle e i tendoni, facevo base al La stilografica, negozio centralissimo di penne e altri articoli da regalo, ubicato in pieno centro, gestito dal mio caro amico Michele, che mi ha ospitato nella sua splendida città.


Heraclitus in Europa!!!!

Come si legge qui
sabato, 11 settembre 2010 l'heraclitus è tornato in Europa, dopo non so quanti anni.
Avrei voluto essere li, a Valencia, a dare il benvenuto alla ciurma.
Spero di essere a bordo quando arriveranno in Italia.

Come si legge sul blog la barca rimarrà a Valencia per almeno due mesi.
Chiunque passi da quelle parti porti i miei saluti.

Thursday, September 9, 2010

IMMAGIMONDO 2010



In quell'occasione ho presentato il mio primo libro, UN ANNO IN OTTO ORE,
ho vinto il secondo premio del concorso letterario legato al festival, con il racconto SENZA VOCE e presentavo immagini e suoni dell'Australia in un tavolo dei viaggiatori.
Ad Immagimondo ho conosciuto Heraclitus.
Pochi mesi dopo sono partito per il Sudafrica, per raggiungere la barca a prepararla per la traversata dell'Oceano Sud Atlantico.
Ho viaggiato per 681 giorni, da Città del Capo a L'Avana, a bordo del vascello e con mezzi locali. Ho viaggiato per mare, per terra, per aria.
(In questo blog le testimonianze del mio percorso)
A distanza di tre anni, torno dove tutto è iniziato, a Immagimondo, con una nuova incredibile storia da raccontare.

Presenterò il mio secondo libro, TEMPO LENTO, uscito nel 2008 poco prima della partenza. Inoltre illustrerò con immagini proiettate il mio viaggio e la storia del vascello Heraclitus.
In quell'occasione presenterò al pubblico la mia nuova produzione editoriale.

I miei eventi:
Biblioteca Civica - Caffè del Viaggiatore
sabato 25 h. 17.00 - Tempo Lento - Cammino di Santiago
La scoperta della lentezza è un percorso di maturazione per gradi, che passa attraverso prove, successi e fallimenti.
Incontro con l'autore, Dario Sorgato.

Sala Affresco - Palazzo del Commercio
domenica 26 h. 18.30 - Progetto Heraclitus - Alla scoperta del mondo su un Vascello di Cemento
Proiezione e incontro con Dario Sorgato, scrittore e viaggiatore.

Il programma completo

TI ASPETTO!!!!

Thursday, September 2, 2010

Perchè i gradi sono 360?

Hai capiato bene la domanda?
Perchè in un angolo giro ci sono 360°?
Io credo di aver trovato la risposta.
Tu lo sai?

Thursday, August 26, 2010

Capitolo 39

Gli esperti che studiano l’antica Grecia dicono che all’epoca la gente non si considerava padrona dei propri pensieri. Quando gli antichi greci formulavano un pensiero era perché una divinità aveva deciso di dargli un ordine. Apollo gli diceva di essere coraggiosi.

Atena di innamorarsi.
Oggi la gente vede la pubblicità delle patatine al formaggio e si fionda fuori a comperarle.
Tra la TV, la radio e gli incantesimi di Helen Hoover Boyle non so più cos’è che voglio davvero. Quanto posso considerarmi attendibile.

….

Ci aggiriamo nel labirinto di mobili, su di noi pendono i lampadari spenti e scollegati. Dalla finestrella filtra il chiarore lunare.
Facile no? Dice Helen. Possiamo fare qualsiasi cosa.
No, le dico. Lei può fare qualsiasi cosa.
Helen dice: Mi ami ancora?
Se vuole. Non lo so. Se lo dice lei.
Helen alza gli occhi verso i lampadari, verso culle gabbie di cristallo e dorature. Dice: hai tempo per una sveltina?
E io lo dico: come avessi scelta.
Non so più cos’è che voglio e cos’è che sono addestrato a volere.
Non so più cos’è che voglio e cos’è che mi si costringe a volere con l’inganno.
Mi riferisco al libero arbitrio. Esiste davvero oppure è Dio a stabilire e imporre tutto ciò che diciamo e desideriamo? Possediamo il libero arbitrio o sono i mass media e la cultura che ci controllano, che controllano i nostri desideri e le nostre azioni fin dal giorno in cui veniamo al mondo? Io agisco per libero arbitrio o è l’incantesimo di Helen che si è impossessato della mia mente?

….

Immaginate l’immortalità, una condizione per cui anche cinquant’anni di matrimonio sembrano una storiella di una notte. Immaginate di vedere le mode e le tendenze, nascere e spegnersi. Immaginate il mondo affollato da secoli di umanità disperata. Immaginate di cambiare religione, casa, dieta e carriera così tante volte che ogni cosa perde il suo valore. Immaginate di viaggiare finché ogni centimetro quadrato del mondo vi viene a noia. Immaginate di rivivere emozioni, amori odi, rivalità e vittorie all’infinito, finché la vita non si riduce ad una melodrammatica soap opera. Finché la nascita e la morte di altri individui non vi provocano la stessa emozione del buttare via un mazzo di fiori appassiti.

….

Potere, denaro, cibo, sesso, amore. Ne avremo mai abbastanza? O il fatto di averne un po’ ci spinge a desiderarne sempre di più?
Dentro quel fluttuante guazzabuglio di futuro, io non riconosco nulla. Vedo solo altro passato. Altri problemi, altre persone. Meno biodiversità. Altra sofferenza.

….

I mass media, la cultura, ogni cosa mi innesta le sue uova sottopelle. Il Grande Fratello mi riempie di bisogni.

Davvero voglio una bella casa, un’auto veloce, mille amanti bellissime? Davvero voglio tutto questo? O sono semplicemente addestrato a volerlo?
Davvero tutto questo è meglio di ciò che possiedo già? O sono semplicemente addestrato ad essere insoddisfatto? Che io sia vittima di un incantesimo per cui niente è mai abbastanza?

….

Ma allora, se davvero la realtà è solo frutto di un incantesimo, se davvero tu non vuoi ciò che pensi di volere, se non possiedi il libero arbitrio. Se non sai cos’è che davvero sai. Se non ami chi credi di amare. Cos’è che ti spinge a vivere?
Niente.

tratto da
Ninna nanna di Chuck Palahniuk

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Saturday, August 21, 2010

Se potessi urlare terra

Potrei raccontare di una nuvola bianca che avvolge un colle nell'unico giorno in cui non è solo. Pagnotte alla disgraziata, ricotte forti, seppie ripiene, vongole veraci, stocco a' ghiotta.
Un passaggio a est, dove la taranta pizzica pizzica. Delusioni del cuore e dell'amore. Potrei spendere ore a parlare di un nuovo ritorno, della mia nuova casa, di quello che non ho.
Dei passaggi di tempo, delle anime salve, di Palermo e del suo decadente silenzio in una domenica d'Agosto che non appartiene a nessuno.
Oria, cicoria, finocchietto selvatico e fichi d'india. ulivi e vino. Otto anni di tempo. Quello che ero, il mio pensiero libero, il non-pensiero.
Per chi sono queste parole?
Lettere per nessuno, lettere di altri che leggono altri ancora.
Poesie silenti.
Silenzi che ho aspettato per mesi e che poi nessuno ha voluto.
Se sono confuso è perchè non so scrivere niente di tutto quello che io ho vissuto.
Oggi sono a Tangeri, schiacciato dalla prua di cemento scrostato di una barca che ha toccato di nuovo terra.
Terra che io non posso urlare.
Terra dopo un'oceano che non ho navigato ma ho vissuto.
E nel mio mare non ho ancora smesso di naufragare.

Tuesday, August 3, 2010

c'è un po di strada...

30 euro, per favore.
Disse Nico al benzinaio.
Il benzinaio si allontana, riempie il serbatoio e torna e prendere i soldi.
Mentre sta inserendo le banconote nel malloppo che tiene in tasca come tutti benzinai che si rispettino, Nico gli chiede.
Scusi, per Monreale proseguo dritto?
Si, prosegui, poi troverai le indicazioni.
Ah, grazie. Quanto dista, più o meno.
C'è un po' di strada.
...ehm...grazie.
Nico ingrana la prima e dopo solo due metri scoppiamo tutti a ridere.
C'è un po' di strada?
Ma che vuol dire?
Quanto è quel po'? 10 chilometri? 10 minuti? E poi fa differenza se io faccio i 90 all'ora o i 40?
Il tono sembrava di uno che c'è andato l'ultima volta almeno 20 anni fa in bicicletta.
Tuttavia la strada che si inerpica sulla collina alla periferia di Palermo è segnalata quanto meno decentemente e riusciamo a raggiungere Monreale senza troppi problemi, dopo una decina di chilometri dal centro della bella e imponente città Siciliana.
Il Duomo aspettava rovente appena dietro l'angolo di un muro che occludeva lo sguardo mentre ci rifocillavamo all'ombra con sfincione e Nero d'avola.
La maestosità esterna non è nemmeno equiparabile agli splendidi mosaici interni, alle meticolse e inspiegabili sculture del transetto, all'imponenza del vuoto delle navate e delle colonne che le separano. Stentavo a credere che una simile preziosità non mi fosse stata adeguatamente raccomandata in precedenza se non dalla compagna di viaggio, instancabile paladina della sicilianità, anche di quella del benzinaio approssimativo.
L'escursione fuori porta a Monreale è stata la ciliegina sulla torta di un weekend iniziato a Montalbano Elicona, un piccolo comune del messinese annoverato tra i borghi più belli d'Italia, dove è stato proprio il palato il primo a deliziarsi, con un panino farcito con provola locale, olive schiacciate e pomodoro, innaffiato da una fresca birra Messina, per non tradire l'orgoglio locale.
Il pomeriggio già fresco di aria di alta quota e bagnato da gocce di pioggia estiva si è dileguato tra piccoli vicoli e viste d'espansione sulle colline di noccioleti e uliveti e la valle estesa fino agli angoli di mare visibili dal castello., trasformato per una notte da fortezza medievale a milonga di tango e seduzione.
Chiaro di luna, stelle, pietre centenarie, luci radenti e note di malinconia argentina hanno reso incantevole lo scenario di passi di danza ed eleganza, dove la musica si trasformava per qualche istante nei corpi congiunti di uomini e donne nascosti nella notte.
Il mattino seguente l'autostrada per Palermo era vuota. Quasi surreale.
Stesso desertico sfondo per la passeggiata cittadina, nel tempo che i siciliani dedicano al pranzo o all'ozio.
Ancora deserto sulla via del ritorno.
Il sole quasi a mollo sul mare, le Isole Eolie perfettamente visibili su una fascia d'arancio.
Un inarrestabile susseguirsi di gallerie nelle quali siamo costretti ad infilarci, intevallando il buio al tramonto, sperando che il sole aspetti ancora un po' prima di sparire. Le nubi sono basse, quasi piccole vicino alle montagne intorno alla città.
La musica è a tutto volume.
Io rido, sorrido, canto. Rido ancora.
Per qualche chilometro, per qualche istante tra una canzone e il mare, per quel sapore di sarde che avevo ancora in bocca, per un tempo eternamente breve mi sono sentito leggero, felice. Soprattutto completo.


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Tuesday, July 20, 2010

Partire

Ancora una volta il mio zaino è pronto ai piedi del letto della mia stanza.
Parto per la Sicilia.
Dopo tre mesi a casa.
Una sosta lunga nelle mie radici, la più lunga degli ultimi tredici anni.
Ho moltissime cose da raccontare, da scrivere.
Molte sono forse troppo mie perché le possa trasformare in parole in cammino.
Questo posto/blog è una finestra sul mondo, ma vorrei sempre raccontare storie e pensieri che possano diventare di chiunque li legge.
Ora, se sono un viaggiatore, le pause e le partenze hanno un significato troppo individuale e dei tempi legati alla mia vita che forse non trovano un accordo con frequenze altrui.
Mi spiego.
Ogni viaggiatore, del corpo o del pensiero, ha bisogno di pause.
E di tornare a casa.
Ma la durata delle soste e la velocità degli spostamenti e strettamente personale e legata alle proprie necessità.
Certo è che anche questa diventa una tappa di un cammino che continua. Perchè, lo so, continuerò ad andare.
Forse dovrei smetterla di chiedermi dove.
Chi viaggia lo sa quanto chi vive.
Non è importante la meta, ma il viaggio in sè.
Buona continuazione di estate.


Sunday, July 4, 2010

Metafore

Heraclitus ha fatto un passo nel futuro, concendendosi la possibilità di inviare messaggi email anche dall'Oceano.
Sul blog del vascello vengono postati con una discreta frequenza dei messaggi scritti direttamente dai membri dell'equipaggio. Hanno scritto Christine, capo spedizione, Claus, il capitano, e Abi, una ragazza della ciurma.
Credo che loro scrivano a qualcuno che poi si fa carico di inserire i messaggi nel blog. Infatti si avvalgono di un servizio offerto da SailMail che permette di inviare messaggi di testo appoggiandosi alla radio o al telefono satellitare. Per tanto dubito che sia possibile una normale navigazione nella rete con tanto di aggiornamenti di status su Facebook, anche pèerchè so che il capitano era profondamente contrario ad avere itnernet a bordo, per potersi riservare il lusso di essere irraggiungibile e solo, di godersi il mare, la sua infinità, il suo silenzio e le sue creature, fino a quando la terra avrebbe permesso di condividerle con qualcuno che non fosse a bordo. Senza internet l'Oceano è ancora un posto dove il mondo è diverso. Dove puoi smettere, per il tempo della navigazione, di essere quell'uomo che la terra vorrebbe.
L'uomo non è nato per vivere sul mare. Proprio per questo quando sei sul mare puoi essere tutto e il contrario di tutto.
Ciò nonostante è indubbio che dal mio punto di vista, di ex Heraclitiano, poter leggere quello che sta succedendo a bordo, le emozioni, le impressioni, è decisamente forte.
Conosco Claus e molti altri membri dell'attuale equipaggio, per cui immagino, sento, vedo anche se non sono a bordo.
Night before last, Eddie's watch, the 12-4 broke the speed record --9.9 knots...I heard Eddie laughing with joy on the helm.
(La notte precedente, durante il turno di Eddie, iol12-4, Heraclitus ha superato il record di velocità, 9.9 nodi... Ho sentito Eddie ridere con gioia mentre era la timone.) Christine
L'ho sentita anch'io quella risata.
La conosco bene.
Forse non so esattamente cosa vuol dire essere sulla cresta di quelle montagne di cui parlano qualche riga più su, ma ora so che io sto navigando.
Io sono sul mio Oceano.
La mia sfida ora, non si chiama Atlantico.
Ne ho una ben più grande da affrotnare.
Che non conosco.
Conosco forse il mare? O conosco solo il suo nome?
Conosco cosa mi riserva il girno successivo? Conosco quali tempeste, quali onde?
Conosco qauli meraviglie?
Conosco forse il colore che avrà il cielo al tramonto, all'alba? Posso sapere quali e quante nuvole ci saranno? Se pioverà?
Non so nulla.
Non so niente
So soltanto che sono in continuo movimento.
Sono disorientato eppure non sono perso nell'infinito della libertà.
Su un mare senza vento nè stelle.
Forse anche un po' abbandonato alla deriva.
Naufrago dentro me.
A cosa è servito tutto questo naviagare, questo viaggiare, questo conoscere e divenrire?
Forse a non avere paura di continuare a farlo, anche se non vado da nessuna parte.
Non sono certo appagato. Il mio desiderio di mondo non può sopirsi di fronte ai viaggi del pensiero.
Ma anche il pensiero si stanca.
E vorrebbe riposare.
Si può?
Si può fermare il pensiero?
Si può gettare l'ancora?
La leggerezza che volevo era soltanto quella dell'illsuoine di una sosta.
Ma cosa vuole diventare tutto il mio moto?
Posso forse trasformarlo in una forma esistente, già vissuta da qualcuno?
Non mi posso costringere a questo.
E' difficile.
Difficle contiunare a rincorrere qualcosa che si nasconde dientro la nebbia.
E' difficle cercare di essere quello che nemmeno si sa.